La storia di Stintino e della Tonnara Saline sono indissolubilmente legate tra di loro, la presenza della tonnara nelle vicinanze degli ''Isthintini'', fu probabilmente una delle ragioni più importanti che spinse la popolazione a costruire il loro paese vicino alle zone dove poter vivere e lavorare.
La storia della Tonnara Saline è una storia antica, la sua fondazione probabilmente risale alla fine del 500 quando furono installate le prime tonnare in Sardegna ad opera del mercante Pietro Porta, il quale chiese al re Filippo II il permesso di installare questi strumenti di cattura del tonno. I primi dati relativi alla Tonnara Saline risalgono ad un documento del 1602 conservato nell'Archivio della Corona di Aragona di Barcellona .
La tonnara nel corso del tempo fu data in concessione diversi commercianti, ma sicuramente una delle tappe più importanti della sua storia fu il 1654 quando il nobile Gerolamo Vivaldi acquistò la Tonnara. La famiglia Vivaldi diede in affitto la Tonnara a diversi imprenditori fino al 1868, quando le famiglie Anfossi Pretto e Biggio presero in concessione la Tonnara e successivamente l'acquistarono. Dal 1900 al 1949 la Tonnara Saline fu diretta da Antonio Penco a cui succedette il nipote Italo Penco fino al 1969. Nel 1969 la Tonnara fu nuovamente ripristinata ad opera di una società che comprendeva oltre la famiglia Anfossi anche l'avvocato Salvatore Greco. La storia della Tonnara si conclude negli anni 70 quando la Tonnara cessò la sua attività definitivamente e le strutture murarie furono vendute per risanare i debiti delle ultime infruttuose stagioni di pesca.
Nel 1997 venne calata la tonnara sotto la guida dell'ultimo Rais di Stintino, Agostino Diana, tutto ciò avvenne grazie alla volontà di un gruppo di imprenditori e di giovani che si vollero cimentare nella pesca del tonno proprio come i loro avi.
Bibliografia:
Rubino Salvatore Ughi Esmeralda, Cartoline sul filo della memoria, EDES, Sassari, 2010, p.15.
Rubino Salvatore, La Tonnara Saline tradizioni e riti di una tonnara, Celere, Alghero,1995, pp. 24 - 27.